domenica 10 maggio 2020

Step #12 Hobbes

«La materia o soggetto di un patto è sempre qualcosa che ricade sotto la deliberazione (poiché il pattuire è un atto della volontà, vale a dire, un atto e l’ultimo atto della deliberazione) e perciò si intende sempre che è una cosa avvenire e il cui adempimento è giudicato possibile da chi fa il patto. 
Non esiste patto se non relativamente al possibile futuro.
Perciò, promettere ciò che si sa essere impossibile, non è fare un patto».

Nel Leviatano sono trattati anche i temi del futuro e della volontà.
Secondo Hobbes, due sono i postulati certissimi della natura umana, dai quali discende l’intera scienza politica:
- La bramosia naturale, per la quale ognuno pretende di godere da solo dei beni comuni;
- La ragione naturale, per la quale ognuno rifugge dalla morte violenta come la peggiore          dei mali naturali.

Il primo postulato esclude che l’uomo sia per natura un “animale politico”; Hobbes nega che gli uomini abbiano per natura un istinto che li porti alla benevolenza e alla concordia reciproche. Secondo Hobbes, l’origine delle più grandi e durature società è il timore reciproco. Le cause di questo timore sono l’uguaglianza di natura tra gli uomini, per la quale tutti desiderano la stessa cosa e la volontà di danneggiarsi a vicenda. Il diritto di tutti su tutto e l’ugualmente naturale volontà di nuocersi a vicenda, fanno sì che lo stato di natura sia una condizione di guerra di tutti contro tutti.

Questa condizione di guerra universale non può tuttavia realizzarsi e stabilizzarsi in modo totale, perché coinciderebbe con l’annientamento del genere umano.
Se l’uomo fosse privo di ragione, la condizione di guerra totale sarebbe insormontabile, la condizione di guerra sarebbe inevitabile. Tuttavia la ragione è la capacità di prevedere e di provvedere ai bisogni e alle esigenze dell’uomo. È la ragione naturale, quindi, che suggerisce all'uomo la norma o il principio generale da cui discendono le leggi naturali del vivere civile. Questo principio è il fondamento della legge naturale.

Per Hobbes la ragione umana è un’attività finita o condizionata dalle circostanze in cui opera, una tecnica calcolatrice capace di prevedere le circostanze future e di operare in vista di esse le scelte più convenienti.
Le norme fondamentali della legge naturale sono dirette a sottrarre l’uomo al gioco spontaneo e autodistruttivo degli istinti e ad imporgli una disciplina che gli procuri una sicurezza almeno relativa.

La seconda norma implica l’abbandono o il trasferimento del diritto illimitato su tutto e perciò consente di uscire dallo stato di natura, cioè dalla guerra continua di tutti contro tutti, e implica che gli uomini stringano tra loro patti con i quali rinuncino al loro diritto originario e lo trasferiscano a una determinata persona.

Colui che rappresenta questa persona è il sovrano, o Leviatano e ha potere assoluto; tutti gli altri sono sudditi. Possiamo quindi definire il Leviatano come il massimo tentativo della ragione calcolante di ipotecare il futuro, che nell’ottica più generale della modernità può essere considerata come una grandiosa operazione di ingegneria politica, che implica una presunzione della ragione. Una possibile chiave interpretativa ha connesso quanto sostenuto da Hobbes con le tesi del Postumano: grazie alla tecnica si mette in garanzia il nostro futuro razionalmente, andando oltre ciò che per l’uomo non era mai superabile, ovvero la propria specie. Così fa Hobbes quando afferma che il patto è sempre una «cosa avvenire», «il cui adempimento è giudicato possibile», cioè non si colloca nel terreno dell’utopia e questa realistica possibilità comporta l’auspicabile riduzione della nostra ansia di futuro.

Infine Hobbes afferma che il patto è una promessa di sicurezza per il futuro. In secondo luogo, se il patto è una deliberazione, ciò significa che esso è un atto di volontà; è un atto in cui lavorano intenzione, ragione e quindi entrano in dialogo la nostra volontà con una possibile idea di bene

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